A.C. 889-A/R
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, siamo di nuovo al ricorso alla fiducia per imporre, a colpi di maggioranza, i propri provvedimenti da parte del Governo. È un ricorso abbastanza assiduo, sicuramente si è fatto anche in altri Governi, ma qui siamo a un'escalation che travalica, permettetemi di dirlo, ogni confine di rispetto istituzionale. E siamo a questa situazione perché il Governo di destra, pur avendo una solida maggioranza numerica, in realtà, non ha una direzione univoca, condivisa, preparata ed efficiente.
Il Governo Meloni, in realtà, è un Governo incagliato, incagliato nelle proprie contraddizioni. Ha sostenuto, dall'opposizione, una posizione di nazionalismo sovranista, ma al Governo deve fare i conti con la necessità sempre più evidente di condividere la sovranità con l'Europa, per dare risposte al problema del debito pubblico, per la revisione del Patto di stabilità e per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ha sostenuto la chiusura delle frontiere e dei porti sul tema dell'immigrazione, ma deve prendere atto della necessità di condividere politiche di accoglienza con tutti i 27 Paesi europei, compresi l'Ungheria e la Polonia, loro alleati di destra, che respingono, guarda caso, proprio la ridistribuzione delle quote dei migranti.
È un Governo incagliato sulle prospettive di fondo, su dove, cioè, portare il nostro Paese, un Governo nato come chiusura e difesa costretto a fare politiche di bilancio nel solco tracciato dal Governo precedente per non isolarsi dal resto d'Europa. Un Governo che cincischia sull'approvazione del MES, perché sa di doversi rimangiare anche questa posizione. Un Governo incapace di dire sì alle gare per le concessioni balneari, anche se l'Europa e la magistratura italiana affermano che c'è l'obbligo di farlo. Un Governo con aspirazioni presidenzialiste, che propone insieme una controriforma chiamata autonomia regionale differenziata, che divide il Paese e affianca al centralismo statale un centralismo regionale, che negherebbe l'autonomia dei comuni e il sostegno al nostro Meridione. Un Governo, ancora una volta incagliato, che parla di delega fiscale, senza alcuna chiara proposta contro l'evasione fiscale, ma con la chiarezza di colpire la progressività e l'equità e di non prevedere nulla per ridurre il carico fiscale sul costo del lavoro e, quindi, aumentare salari e stipendi, vera emergenza e ingiustizia del nostro sistema fiscale e sociale. Un Governo, infine, per venire all'argomento, incagliato sui crediti incagliati, con un decreto inadeguato e ingiusto sul quale oggi chiede la fiducia. Se c'è un'urgenza a proposito del superbonus è quella di risolvere con certezza il tema dei crediti incagliati. Ebbene, il Governo Meloni, in dirittura d'arrivo per la conversione in legge del decreto, dopo giorni e giorni passati dal Ministro Giorgetti a dire che si stava lavorando alla soluzione, con dichiarazioni di esponenti della destra sulla soluzione attraverso gli F24, dopo tante rassicurazioni, il decreto non contiene nulla sui crediti incagliati. Si affida il tema a una soluzione extraparlamentare, non normata dal decreto. Le proposte nostre e delle altre opposizioni su questo sono state tutte respinte. Quindi, questo Governo ha creato aspettative e ha infranto la fiducia dei cittadini che si erano fidati di una legge vigente, l'ha bloccata senza risolvere l'urgenza dell'urgenza, ma rinviandola a una cosiddetta soluzione privatistica che non richiederebbe un intervento legislativo. Una - lo dico tra virgolette - “specie di piattaforma”, come l'ha definita il Ministro Giorgetti, per la quale ci vorranno comunque molti mesi perché sia operativa.
Noi avvisiamo qui con chiarezza, oggi, che non accetteremo la pratica dei debiti fuori bilancio. Noi non siamo per una specie di Governo, siamo per Governi che gestiscano la cosa pubblica con correttezza e trasparenza e che si facciano carico, con trasparenza, delle loro scelte. Il Governo no, e lo dimostra oltretutto con una norma, che è stata presentata in fretta e corretta in fretta, sulla possibilità di utilizzare i titoli di Stato per le detrazioni ma a partire dal 2028, quando non ci sarà più questo Governo. Non siete stati nemmeno in grado di quantificare la consistenza di questo debito, che sarà scaricato su chi verrà dopo, e rifiutate di prendere in considerazione il fatto di prevederlo negli anni del vostro mandato.
Anche in questa vicenda, io credo, il Partito Democratico non ha rinunciato, pur dall'opposizione, a un atteggiamento responsabile nell'interesse generale del nostro Paese. È certo che il superbonus ha dato un forte impulso alla ripresa economica, in piena pandemia, attraverso la spesa in edilizia. È stato varato dal Conte 2, è stato prorogato dal Governo Draghi e riproposto, se pur modificato, dal Governo Meloni. Non è credibile, quindi, almeno questa volta, il gioco tra chi c'era prima e chi c'è adesso, così caro finora a questo Governo. Tutte le forze politiche hanno sostenuto il provvedimento e, se lo hanno criticato, è stato per attuarlo, non per fermarlo. In verità, il decreto non nasce per la paura di un buco di bilancio, che non c'è e che non è dimostrabile, ma per la necessità del Governo di avere margini nel 2023 per le proprie politiche. Cosa legittima, ma andrebbe dichiarata. Le norme Eurostat richiedono di contabilizzare le spese su quest'anno, non di spalmarle sugli anni successivi. L'urgenza del blocco sancita dal decreto non è, dunque, la salvaguardia dei conti pubblici ma l'esigenza del Governo di raffreddare gli effetti del provvedimento, al fine di usare diversamente le risorse per le proprie scelte di bilancio. Altrimenti, si sarebbe potuta condividere con noi una gradualità nella riforma del sistema degli incentivi. Del resto, se non fosse così, come sarebbe credibile che un Governo, che a fine dicembre approva una legge di bilancio, a febbraio scopra un'emergenza e scopra questa emergenza pochi giorni dopo le elezioni regionali? Le urgenze non possono essere a tempo o dettate da interessi di parte.
Noi abbiamo detto e ribadiamo che, anche nella prospettiva di attuare la direttiva europea sulle case green, va riorganizzato, riformato e razionalizzato il sistema degli incentivi in edilizia, per renderlo sostenibile dal punto di vista economico. Non bastano, cioè, gli incentivi per le detrazioni ma occorrono un piano nazionale e un fondo nazionale ed europeo. Deve essere inoltre reso sostenibile perché mirato all'efficientamento energetico e antisismico e perché giusto, cioè capace di sostenere i redditi più bassi e l'edilizia pubblica e popolare pur uniformando e abbassando i tetti delle detrazioni.
Abbiamo lavorato in Commissione per questi obiettivi: per permettere che gli ex IACP potessero continuare a usufruire della cessione del credito insieme al terzo settore; per permettere ai redditi fino a 40.000 euro e agli incapienti di partecipare; per salvare la cessione del credito per il superamento delle barriere architettoniche; per risolvere il tema dei piccoli interventi - caldaie e infissi - nell'edilizia libera; per allungare gli anni di detrazione fino a 10 anni; per salvaguardare le zone terremotate; per permettere agli italiani residenti all'estero di partecipare, con le loro abitazioni in Italia, a questo provvedimento. Certo, abbiamo ottenuto modifiche, abbiamo migliorato parte del decreto. È vero, c'è stata disponibilità e convergenza in Commissione e per questo voglio ringraziare il relatore e il presidente Osnato. Ma è stato, infine, spazzato via questo lavoro, che poteva ancora avere delle modifiche, dalla fiducia che non ci permetterà di conquistare ulteriori modifiche.
Si poteva fare diversamente? Certo. Si poteva migliorare ancora il provvedimento, nel senso di anticipare la direttiva europea sulle case green e di graduarne l'applicazione, senza imporre un blocco ingiusto. Ma non si è voluto fare, perché in fondo siamo sempre al punto di partenza che ho sottolineato. Bisogna avere fiducia nell'Europa per risolvere i nostri problemi nazionali, anche sul tema della casa e dell'efficientamento energetico. Dunque, per questi motivi, diremo “no” alla fiducia, a un Governo incagliato in una direzione contraria all'Europa e, perciò, al nostro autentico interesse nazionale.